Esposizione alla Coxiella burnetii e rischio di linfoma non-Hodgkin
È stata ipotizzata una associazione tra Coxiella burnetii e linfoma non-Hodgkin. Dopo una grande epidemia di febbre Q nei Paesi Bassi nel periodo 2007-2010, si è postulato che l'incidenza di linfoma non-Hodgkin fosse aumentata durante e dopo l'epidemia in zone ad alta endemicità di febbre Q, rispetto a quelle con bassa endemia.
È stata fatta una analisi retrospettiva basata sulla popolazione e sono stati calcolati i rischi relativi ( RR ) di linfoma non-Hodgkin durante periodi di 1 anno prima, durante, e dopo l'epidemia di febbre Q, per le zone con endemia intermedia ed elevata di febbre Q, rispetto alle zone con bassa endemia.
Sono stati inoltre calcolati i rischi relativi di linfoma non-Hodgkin nelle persone con febbre Q cronica rispetto alla popolazione generale.
Tra il 2002 e il 2013, sono stati diagnosticati 48.760 casi di linfoma non-Hodgkin. L'incidenza di linfoma non-Hodgkin variava dal 21.4 per 100.000 all'anno nel 2002 a 26.7 per 100.000 all’anno nel 2010.
Una significativa associazione con il linfoma non-Hodgkin è stata osservata nel 2009 per zone ad alta endemicità di febbre Q rispetto alle aree a bassa endemia ( RR=1.16, P=0.029 ); non sono state registrate ulteriori associazioni in nessun altro anno o in aree con endemicità intermedia di febbre Q.
Tra 439 individui con febbre Q cronica, 5 hanno sviluppato linfoma non-Hodgkin, ottenendo un rischio assoluto grezzo di 301.0 casi per 100.000 all'anno ( RR=4.99, P=0.0003 ) rispetto alla popolazione generale nei Paesi Bassi.
Questi risultati non supportano l'ipotesi che la febbre Q abbia un ruolo causale rilevante nello sviluppo del linfoma non-Hodgkin .
Diverse limitazioni, inerenti alla progettazione di questo studio, potrebbero portare sia alla sottostima che alla sovrastima dell'associazione studiata. ( Xagena2018 )
van Roeden SE et al, Lancet Haematol 2018; 5: e211-e219
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